Parma, 21 luglio 2021 – Al termine della stagione 2020/21 il responsabile tecnico del Comitato Regionale Emilia-Romagna Stefano Romagnoli ha concluso il suo rapporto di proficua collaborazione.
Romagnoli, classe 1955, ha collezionato 15 caps in Azzurro culminati con la prima coppa del mondo 1987 in Oceania sfidando gli AllBlacks. Tanti i campionati di Serie A giocati dal bolognese con le maglie del Bologna, Rugby Parma, Fiamme Oro e Noceto (PR) prima di una lunga carriera da allenatore di club tra Bologna, Amatori/Gran Parma e Viadana e nei quadri federali in tutte le selezioni giovanili fino all’Emergenti.
Dopo 4 anni come responsabile dei tecnici regionali, l’ex pilone ripercorre la sua esperienza al CRER e ci racconta lo stato del movimento regionale al termine di una dura pandemia che ha fermato per tanto tempo campionati ed attività agonistica dei ragazzi delle più di 60 società affiliate.
Che obiettivi ti eri posto all’inizio di questo percorso nel 2017, sei soddisfatto del lavoro svolto per lo sviluppo dei migliori talenti regionali? Al mio arrivo il percepito all’esterno, in particolare nei club, era di un Comitato poco presente, poco attivo. Ho visitato immediatamente molte società, da quelle più piccole a quelle più strutturate; ho poi suddiviso la regione in quattro aree assegnando due tecnici a ciascuna in modo che potessero seguire i diversi club affiliati ed essere presenti almeno ogni 7/10 giorni al mese e lavorare con le categorie U14, U16 e U18. Da questo lavoro si sono avuti buoni risultati a livello di presenza, di valutazione dei ragazzi con potenziale e di rapporto tecnico con gli allenatori dei club.
Tu che hai visitato più volte i club regionali, qual è il valore aggiunto delle società emiliano-romagnole? Sicuramente in Emilia Romagna il potenziale è molto alto: c’è cultura rugbistica, ma esiste un grande divario tra est ed ovest, dobbiamo tutti capire che nelle aree strategiche dei club sono indispensabili competenze ed organizzazione efficiente.
La pandemia ha fermato la progettualità che insieme ai tecnici regionali era stata pianificata negli ultimi due anni, in che stato di salute è il movimento regionale? Il Covid ci ha fatto male, ma ha dato l’opportunità di mettere a nudo le nostre mancanze; chi ha analizzato il proprio club ha ora la possibilità di intervenire sui punti deboli e di ripartire con una nuova visione, più moderna e più confacente alle esigenze dei giovani, delle loro famiglie e alla formazione del giocatore/ci e della loro persona.
Le nuove categorie giovanili con le annate dispari pensi possano aiutare a riprendere in modo più semplice il percorso tecnico pre pandemia? Penso che la Federazione, ed il responsabile Daniele Pacini, abbiano fatto bene a translare di un anno il cambio di categoria, in modo da recuperare la stagione di formazione persa. Soprattutto per le categorie U14, U16 e U18, che altrimenti avrebbero avuto un passaggio di categoria senza il vissuto necessario, di circa un anno e mezzo. Sicuramente le società andranno in sofferenza nella categoria U19, perché dovranno fare scelte strategiche tra i settori giovanili e la loro prima squadra.
Come hai visto cambiare i ragazzi a livello motivazionale e di approccio nella tua lunga carriera da allenatore a stretto contatto coi giovani, sia come tecnico che come esempio fuori dal campo? Credo che i Centri di Formazione e l’Accademia Nazionale abbiano svolto un grande lavoro di crescita nei settori giovanili, basta vedere i risultati della Nazionale Under 20. Hanno soprattutto fatto crescere la consapevolezza nei giovani del loro ruolo creando la responsabilità che ogni atleta dovrebbe avere nei confronti del nostro movimento.
Ora porterai la tua grandissima esperienza per una sfida importante come responsabile tecnico del Rugby Colorno, una figura tecnica e manageriale: su che ambiti ti stai focalizzando maggiormente in questa estate? Sto cercando di riorganizzare lo staff tecnico del settore giovanile, creando un gruppo collaborativo di tecnici, preparatori atletici e fisioterapisti. A Colorno la competenza è di buon livello, si deve lavorare coesi e con un unico obiettivo: lavorare sulla costruzione del giocatore e della persona. Abbiamo poi dovuto affrontare la costruzione tecnica della prima squadra e credo sia stato fatto un discreto lavoro, ma come sempre sarà il campo a dare le risposte, perché ad un certo livello sono i risultati che contano. Colorno è un club con mille impegni, da quelli sportivi a quelli sociali, mi sto inserendo in tutto questo, sperando di non fare danni perché quello che vedo e ascolto è di prima qualità.